DI DANIELA BUSCAINO
Qualche giorno fa ho visto una televisione diversa, mi ha fatto riflettere. In due servizi differenti di una stessa trasmissione si parlava d' emarginazione. Due mondi, assolutamente lontani, a confronto, eppure così vicini fra loro. In uno si parlava di splendidi ragazzi down che ogni giorno lottano per farsi accettare dalla società che ancora oggi li vede come “malati”, nell’altro della povertà assoluta e dei disagi delle madri e dei bambini del Congo.
Cosa c’entrano fra loro questi due mondi? Niente. Ma la cosa che li accomuna è il modo in cui sono visti dalla società. Che cosa suscitano in noi queste notizie? In entrambi i casi una grande partecipazione emotiva fino a quando tutto sta di là dello schermo, fino a quando cioè, non possiamo più limitarci al semplice commento e alla commiserazione che ci mette a tacere la coscienza. Nel momento in cui ci viene chiesto di agire significativamente ecco che compare il vero demone a guidare i nostri pensieri. Improvvisamente la commiserazione lascia il posto ad una serie di giustificazioni che ci permettono di metterci al riparo dall’agire a favore di queste cause. Quando la nostra realtà si scontra con queste situazioni, nell’imbarazzo più totale, ci defiliamo, non sappiamo reagire e giriamo la testa dall’altra parte perché “è più facile non vedere”. Così se capita di assistere agli insulti, in una pizzeria, rivolti al padre di un figlio down siamo subito pronti a giudicare ma non ad intervenire. Per la paura che un giudizio negativo, da una delle due parti, ci possa colpire, rimaniamo inermi a guardare senza prendere una posizione.
Che cosa pensare? La coscienza ci guida giustamente solo nell’intimo della nostra casa mentre fuori è troppo importante confrontarsi con la massa piuttosto che rischiare l’emarginazione? Questo non è accettabile, per noi è la sconfitta dei sentimenti. Allora cosa fare? Imparare ad essere coerente col nostro pensiero, fare in modo che l’emozione suscitata si trasformi in atteggiamento positivo. Partecipare attivamente alla realizzazione di progetti che inducano, in ognuno di noi, la consapevolezza che non siamo solo spettatori dei disagi di questa società ma che ci impegniamo affinché questi disagi si riducano sempre più. Un atteggiamento positivo genera partecipazione e contagia anche coloro che credono impossibile esporsi a favore di cause che sembrano perse a priori.
Partecipare il proprio dissenso significa coinvolgere anche chi ha paura di dire la sua e incoraggiare dialoghi e azioni costruttive per la società e per noi stessi che, così facendo, acquisiamo forza e fiducia per cambiare a favore di quella parte di società che non accetta di eguagliarsi alla massa.