DI ANTONIO PACILLI
La storia ha documentato, nel tempo, una serie di scoperte e ritrovati tecnici favoriti, nel loro concepimento, da ragionamenti basati sulle immagini che i fisici ed altri scienziati ricostruivano nella propria mente. Ancora oggi, in diversi campi di ricerca, come la progettazione degli aerei, le discipline mediche e la biologia, si ricorre alla visualizzazione per risolvere problemi tecnici o per determinare gli elementi coinvolti nelle diverse analisi.
Pur non scomodando celebri innovatori della storia, la capacità di sfruttare il “pensiero visivo” è stata molto utilizzata nell’antichità quando non esistevano le tecnologie che, attualmente, ci aiutano nella nostra vita quotidiana. Si pensi all’importanza che avevano nel commercio la capacità di stimare ad occhio il peso di una merce o di stimare una lunghezza. Con lo stesso principio potremmo provare ad affrontare le nostre difficoltà personali e lavorative. Visualizzare nella mente le immagini relative alle nostre situazioni concrete, facendole fluire in maniera armonica, può creare stimoli nuovi, diversi dall’esperienza che abbiamo accumulato nel tempo, consentendoci di trovare margini di soluzione in vicoli apparentemente ciechi. Quindi, ciò che ha consentito in tanti casi, a livello scientifico, di raggiungere risultati inimmaginabili, potrebbe supportare l’individuo nell’affrontare le difficoltà (cognitive, emotive, relazionali, comportamentali) che risultano insormontabili con altri approcci. Infatti, l’esperienza che facciamo ed accumuliamo, che ci aiuta in tante attività quotidiane e ripetitive, spesso, porta fuori strada la nostra mente e ci può indurre in errori anche banali. Non dovremmo smettere di porci interrogativi e di immaginare nuove strade. Non dovremmo smettere di materializzare nella nostra mente immagini creative della realtà che vorremmo. Non è necessario concepire un’innovazione di portata scientifica.