Tutti gli esseri viventi hanno una cosa in comune. Ogni uomo, donna, cane, ogni uccello, ape e animale ha una vita sola. Per ogni essere vivente la vita ha un inizio e una fine, e la nostra esistenza è molto breve. La maggior parte di noi vive nella preoccupazione del lavoro, di come guadagnarsi da vivere, di essere puntuali e di altre infinite distrazioni. Queste preoccupazioni ci impediscono di chiederci “Cosa conta? Cosa conta davvero nella vita?”. Concedetevi un minuto, chiudete gli occhi e pensate a cosa conta davvero per voi. Vi aiuto… Non c’ho messo molto a trovare la risposta. Ciò che conta è ovvio – sono le relazioni con gli altri esseri, umani e non, che sono per me della massima importanza. Sono più importanti di qualsiasi lavoro o hobby, più importanti dei miei successi e dei miei fallimenti. Sono ancora più importanti del mio orgoglio o del mio ego. Sì, le relazioni sono ciò che conta di più. Se avete qualche dubbio, provate a immaginare di essere l’unico essere vivente sulla faccia della terra: possedereste tutto, ma non avreste niente.
Se ci fermassimo un momento a far mente locale riguardo al modo in cui le persone trattano il prossimo oggigiorno, avremmo probabilmente più di un dubbio in merito a ciò che conta di più. Facciamo presto a giudicare e a odiare, abbiamo poca pazienza, e ben poca considerazione dello stato emotivo altrui. La violenza sugli animali è dilagante nella nostra società. I programmi televisivi e i film sono pieni di persone che complottano l’uno contro l’altro. Non esitiamo a trasformarci in arrampicatori sociali alle spese dei nostri colleghi. Non c’è dubbio che questi comportamenti non stimolino delle relazioni sane e piacevoli. Nelle società monetizzate occidentali, molti di noi vivono un conflitto interiore. Il conflitto che nasce quando si è costretti a competere con il prossimo per i mezzi di sopravvivenza. Pensateci un attimo: per sopravvivere dobbiamo competere l’uno contro l’altro. E il prezzo della sconfitta di una battaglia del genere ci viene ricordato in continuazione ogni volta che vediamo un senzatetto, un senza speranza nelle vie della nostra città. Ci dicono che non ci sono risorse a sufficienza e che per razionare delle risorse scarse c’è bisogno di un efficiente sistema di distribuzione. Ma la maggior parte dei beni sono in realtà abbondanti – basti pensare a tutti i macchinari o agli spazi abitabili poco o mal utilizzati nei paesi industrializzati. Abbiamo già creato le condizioni per soddisfare ogni bisogno umano, e ogni anno c’è bisogno di sempre meno manodopera per farlo. Le economie di mercato sono tendenzialmente dei fantastici sistemi economici a disposizione delle civiltà che devono sviluppare dei mezzi efficienti per la diffusione dei beni materiali. Ciò nonostante, si rivelano un totale fallimento nella promozione di valori culturali che favoriscano delle relazioni sane e di qualità. Le economie di mercato non riescono a soddisfare, e di fatto ostacolano i bisogni umani non materiali come il bisogno di appartenenza o di intimità, o il desiderio di amore e di calore umano. Approfondite ricerche hanno dimostrato che questi bisogni non materiali sono cruciali per lo sviluppo empatico di noi stessi. La mancata soddisfazione dei bisogni umani fondamentali come quello di appartenenza, di essere apprezzati, di amare ed essere amati non solo riduce la qualità delle nostre relazioni, ma può anche condurre ad un aumento dei comportamenti psicopatici, fobie, sfiducia del prossimo e persino alla morte. Per ottenere successo economico, oltre a possedere delle qualità positive, c’è bisogno di una buona dose di esibizionismo, opportunismo ed egoismo – tutte caratteristiche che danneggiano le relazioni interpersonali. Per avere buone relazioni interpersonali, bisogna essere altruisti, ben disposti a dare e ricevere, oltre a dimostrare una preoccupazione disinteressata nei confronti del prossimo – tutte caratteristiche che ostacolano le nostre capacità di prosperare nel mondo degli affari. Di qui le massime “Non mischiare lavoro e famiglia” e “Non prestare soldi ad amici e parenti”.
Questo conflitto interiore alberga in tutti noi, e può risultare molto difficile vivere in un costante stato di conflitto. Il desiderio dei nostri cuori è quello di dare, ma i nostri egoistici interessi economici lo considerano come un comportamento poco saggio. I nostri cuori ricercano la fiducia, ma noi non siamo più capaci di sopportare nuove delusioni. I nostri cuori hanno una gran voglia di amare ed essere amati, ma il limite di sopportazione del nostro dolore emotivo è già stato oltrepassato. Poiché questo conflitto interiore è insanabile, lo reprimiamo ancora di più e ricerchiamo in sempre nuove forme di intrattenimento– o per meglio dire di distrazione – dei palliativi in cui rifugiarci. La materialità domina incontrastata dunque, semplicemente per il fatto che siamo costretti a sopravvivere. L’economia del dono, al contrario, distribuisce le risorse in base ai bisogni personali per una connessione empatica, compassione e amore per il prossimo. L’economia del dono non è niente di nuovo – già la utilizziamo. Quando provvediamo al sostentamento di un familiare o invitiamo degli amici a cena, non gli portiamo il conto a fine serata. Offriamo liberamente con la tacita consapevolezza che i nostri doni saranno apprezzati poiché ogni dono crea un legame di gratitudine. Più si dona, più gratitudine viene messa in circolazione. Più gratitudine si crea, più si diventa ricchi. L’economia del dono annulla il conflitto interiore che deriva dalla competizione per sostituirlo con il valore della cooperazione. Nel profondo sappiamo che la vita può essere molto più bella – con meno paure, preoccupazioni, controlli e con più amore, compassione ed empatia. Già sappiamo cos’è la cosa più importante. È ora di cominciare a vivere nell’ottica del dono, consapevoli del dono speciale che dobbiamo regalare al mondo. Anche se oggi non abbiamo i mezzi per donare cose materiali, abbiamo il potere di donare il nostro amore, compassione, attenzione e comprensione, senza preoccuparci esclusivamente per noi stessi. Come scrisse Lewis Hyde: “Il dono si muove verso lo spazio vuoto. Nel suo movimento circolare si dirige verso colui che è rimasto a mani vuote più a lungo, e se c’è qualcun altro ancor più bisognoso da qualche parte, il dono lascia il suo vecchio oggetto di cura per accorrere verso quest’ultimo. La nostra generosità ci potrà pure lasciare a mani vuote, ma questo vuoto attrae il tutto con gentilezza finché questo moto perpetuo torna ad arricchirci di nuovo. La natura sociale non ammette il vuoto."
Vivere nel dono significa inoltre aprirsi per ricevere, poiché non esiste dono senza qualcuno che sia ben felice di accettarlo. Ogni volta che si riceve un dono, non solo si prova gratitudine per il prezioso regalo ricevuto, ma si rafforza un legame – un legame con un altro essere vivente che condivide la sua vita, l’unica che ha, con te. Che regalo più grande di questo può mai esserci?
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