martedì 18 maggio 2010

S.O.S. Tv… La Vendetta!

DI ASSUNTA RONCO

Tempo

L’età media degli insegnanti di scuola elementare, in Italia, è 48 e mezzo. Non ce ne faremmo nulla di un dato statistico se non fosse correlato all’età dei bambini che riempiono le classi di questi insegnanti: dai 6 ai 10 anni. Un divario soprattutto culturale! Infatti questi bambini, a differenza dei loro insegnanti, sono cresciuti con la televisione. Può sembrare una semplice dettaglio, ma in realtà quei bambini sono esseri totalmente diversi, nella testa e nel funzionamento della stessa… come dire: “umani ed extraterrestri,” senza nessuna intenzione di attribuire una connotazione di valore all’uno piuttosto che all’altro. Quali sono allora i danni di questa “tata” a buon mercato? Facendo il mestiere di leggere le fiabe mi sono accorta dell’enorme difficoltà dei bambini di sei anni, appena giunti alla scuola primaria, a prestare attenzione e ad ascoltare, di immaginare e di avere capacità critica.

Difficoltà nella rappresentazione mentale. Se per esempio leggo a voce alta: “C’era una volta, in un bosco fitto fitto, una caverna buia e umida,” il bambino cresciuto con la televisione che non è mai stato sollecitato a “immaginare” molto difficilmente sarà “catturato” piacevolmente dalla storia. Non sarà probabilmente in grado di rappresentare nella sua mente il bosco fitto fitto o la caverna buia e umida.

 
Povertà di immaginazione. La televisione ci abitua ad avere il supporto dell’immagine che visualizza ogni concetto o parola chiave facilitandone la comprensione e se la comunicazione per immagini è una costante della nostra società, d’altro canto impigrisce l’enorme potenziale immaginativo! Prova ne è che molto spesso i bambini, quando sono soli o quando non sono “gestiti” da adulti, non sono in grado di attivare la fantasia e si annoiano

….e di capacità critica. Quando il bambino disegna si rifà ai modelli televisivi che diventano modelli comuni a tutti i bambini del gruppo classe. Ciò li rassicura perché si sentono come gli altri, ma impedisce il confronto e la dialettica. Come si può, poi, far assimilare ai bambini che la diversità è un valore che arricchisce se già li abbiamo resi tutti uguali?

Riferimenti culturali. Se poi, a tutti questi fattori, aggiungiamo l’aspetto culturale, assolutamente non trascurabile, abbiamo completato il quadro. I riferimenti culturali a cui ci rifacciamo quando per esempio cerchiamo di condurre il bambino ad una riflessione, ad una sua responsabilità, ad un senso “del dovere,” per esempio, sono riferimenti solo nostri, trasmessi da una cultura soprattutto letteraria e non hanno più nulla o quasi a che vedere con i riferimenti culturali assimilati dai nostri bambini anche solo attraverso un cartone animato. Pertanto diventa ulteriormente difficile fare breccia nei nostri piccoli interlocutori per creare una proficua comunicazione.

CHE FARE?

Drasticamente direi “Licenziate la tata!”, ma mi rendo conto dell’impopolarità della proposta. Comunque sia conviene assumerla a ore, a mezze ore, anzi, dandole compiti ben precisi. Il compito privilegiato dell’educazione è squisitamente di mamma e papà che possono fare davvero prodigi:

La Parola. Spesso abbiamo perso fiducia nel valore della parola che invece ha una valenza potentissima e magica. Parlare con i bambini, raccontare , cantare…creare un tessuto di relazione che nel tempo si rivelerà indistruttibile.

I Supporti creativi. Mettere uno specchio nella stanza dei bambini e un cesto con tanti vestiti cappelli e oggetti per il travestimento.

Aggregazione. Cercate amici che abbiano figli dell’età dei vostri e confrontatevi.

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