DI VALERIO PASSERI
Guardare la TV, ascoltare la radio, passeggiare per le strade, leggere un quotidiano o una rivista, navigare in internet. C’è un elemento ridondante che si presenta in ognuna di queste attività ed è la presenza delle pubblicità.
Ormai siamo così saturi ed abituati alla presenza di cartelloni, spot o annunci pubblicitari che quasi sembriamo non farci caso e non ci rendiamo bene conto degli effetti che essi hanno sul nostro cervello. Capita spesso anche parlando tra amici di citare frasi di spot pubblicitari senza quasi pensarci specialmente se esse sono accattivanti, spiritose e d’impatto. C’è qualcosa di abominevole in tutto ciò, è come se qualcuno inculcasse forzatamente nella nostra testa delle parole in modo da rendere noi stessi delle sorta di stand pubblicitari! Se è vero che un cervello adulto e ben corazzato ha la capacità di non farsi abbindolare da ogni prodotto che gli viene proposto, lo stesso non si può dire su di una mente giovane che nasce e cresce costantemente bombardata dalle multinazionali. Le nuove generazioni, salvo eccezioni, sono la dimostrazione evidente di cosa comporta quest’era del consumismo sempre più sfrenato, i maggiori punti di raduno, ad esempio, non sono più parchi, piazze, osterie o oratori ma centri commerciali, dove non c’è merce non c’è umanità. In TV il fenomeno, giustificato dal fatto che sono le pubblicità a dare denaro alle emittenti, sta diventando sempre più invadente, gli spot si insinuano nei momenti “clou” di film e trasmissioni quanto la nostra attenzione è all’apice e assistiamo alla nascita di emittenti interamente dedicate alla pubblicizzazione di prodotti. Se fino a qualche tempo fa era vero che in internet questo problema era marginale, la presenza di scritte pubblicitarie dal lato della pagina web si insinuano sempre più verso il cuore del sito arrivando a costringerci a visualizzare una pubblicità prima di accedere al contenuto. E' il caso anche del colosso dello streaming YouTube, quello che rappresentava la libertà di vedere contenuti vari quando volevamo e senza pubblicità ora ha cominciato ad insinuare l’obbligatorietà di vedere uno spot di 10 secondi prima di gustarci il video desiderato. È certamente arduo andare contro questa tendenza dettata dal “Dio Denaro” ma è altrettanto chiaro che va contrastata in qualche modo se non vogliamo ritrovarci tra qualche anno ad esser costretti ad indossare magliette che portano i loghi di compagnie multinazionali per poter uscire di casa.
Boicottare i siti particolarmente invadenti, che ci costringono a visualizzare pubblicità può essere una soluzione ma non è sufficiente, è fondamentale ricordare che siamo noi a fare dei colossi e delle multinazionali ciò che sono, più persone prendono coscienza di ciò che sta accadendo più sarà facile ed automatico invertire questo processo.