martedì 28 settembre 2010

La Frenesia nell'Era Moderna

DI DAVID CORSICO

fretta

Nell’era moderna del consumismo è entrata selvaggiamente nella nostra esistenza una componente paradossalmente indispensabile: la frenesia.

La sua necessità non è dovuta ad un vero bisogno fisiologico, in realtà è l’opportunità materiale che esige la sua presenza: sembra non se ne possa più fare a meno. Oramai, in qualsiasi compito, è richiesta anche se non esplicitamente, la velocità del pensiero e quella del movimento. È diventata una dote pressoché fondamentale, per acquisire fiducia e rispetto dal datore di lavoro e dall’opinione comune in generale. Principalmente la velocità, equiparata alla precisione, è richiesta (obbligatoria) nelle attività lavorative, la produzione non può permettersi soste perché le pause sono uno spreco di denaro e la perdita di valuta rende un’azienda vulnerabile. Ma chi è lo stratega che stabilisce quanto rapidi bisogna essere per aumentare il fatturato di un’impresa? Nessuno ovviamente! Non esiste una statistica in proposito e che io sappia, non è nemmeno in progetto. La velocità, che poi si trasforma in frenesia, non è avvalorata da indagini approfondite le quali dimostrano i vantaggi oggettivi che essa comporta. È una richiesta fasulla del mercato e quasi tutti ci siamo cascati, non consapevoli, che quando la velocità si trasforma in frenesia, corriamo un elevato rischio d’incontrare malattie psicosomatiche.

Oggi, è estremamente difficile controllare questa ansia, ci sembra di non avere più tempo per noi, per i nostri hobby e la nostra libertà, condizioni queste, per una vita equilibrata e pacifica. La frenesia, accompagna gradualmente il nostro cervello ad uno stress emotivo, il quale, a sua volta, produce tante piccole patologie dannose per il nostro organismo: la tensione, l’insicurezza, l’intollerabilità, la durezza e nel peggiore dei casi può arrivare anche la depressione e l’esaurimento. Questo ultimo, sintomo incontestabile della psiche, è un disturbo particolarmente insidioso: molti casi di suicidio sono da imputare proprio a forti esaurimenti nervosi. Le malattie psicosomatiche sono subdole e siccome prevalentemente create dalla nostra mente, diventano difficili da estirpare con la sola medicina tradizionale e in ogni caso, un abuso di farmaci non è consigliabile per il benessere del corpo e dello spirito, ma questa è un’altra storia. Ma cos’è che ci spinge ad andare sempre più velocemente? È soltanto il mercato traballino? Sono gli avidi imprenditori che spingono sull’acceleratore per profitti sempre più cospicui? È semplicemente un’atavica prerogativa umana che ci stringe in un’infinita competizione? Sicuramente tutto un po’, mescolato abbondantemente con la nostra inconsapevolezza del danno, a volte irreparabile, che produciamo al nostro organismo.

È possibile uscire da questa consuetudine vecchia e controproducente? Chi può dirlo, forse, con tanti sacrifici comportamentali. Bisognerebbe cominciare ad abituare il nostro cervello ad un cambiamento graduale, iniziando là, dove nessuno può ostacolarci con varie esortazioni. Magari iniziando dalle piccole cose personali, dove nessuno ci può obbligare ad accelerare i tempi. Poi, quando si ottengono risultati soddisfacenti, si può passare a fasi più impegnative, magari provando a rispettare tutti i codici della strada. Questo livello è un ottimo trampolino di lancio per ristabilire una compensazione mentale, perché non si può negare che la guida sia un ricettacolo della frenesia.

Comunque sia, la calma è certamente una virtù e possederla non rende per forza più forti ma, più consapevoli di stare bene.

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