DI FAUNO LAMI
Dall’evoluzione della rete possiamo imparare molto e soprattutto possiamo analizzare in prima persona molte tecniche utilizzate per controllare le masse. Con lo sviluppo di internet abbiamo assistito alla nascita di nuove regole e nuovi ruoli le cui dinamiche, come sappiamo, sono ben diverse da quelle della televisione, della radio o di qualsiasi media già esistente.
Tutti ad esempio conoscono l’ormai nota figura del “Troll”, diffusa in moltissime comunità virtuali. L'obiettivo principale di un troll è quello di far perdere la pazienza agli altri utenti, spingendoli a insultare e aggredire a loro volta, facendo spostare l’attenzione dall’argomento proposto dal gruppo alle sue provocazioni. Una tecnica comune del troll consiste nel prendere posizione in modo plateale su una questione vissuta come sensibile e già lungamente dibattuta degli altri membri della comunità - per esempio una guerra di religione, di costume o etica. In altri casi, il troll interviene in modo apparentemente insensato o volutamente ingenuo, con lo scopo di manipolare quegli utenti che, non capendone gli obiettivi, si sforzano di rispondere a tono generando ulteriori discussioni e senza giungere ad alcuna conclusione concreta. Se questa tecnica riesce ad essere unita al “cross posting”, ovvero alla pubblicazione di questi stessi messaggi in più sezioni diverse, il troll può riuscire ad infastidire più gruppi contemporaneamente.
Ma è possibile utilizzare queste stesse tecniche in politica, con un pubblico decisamente più vasto? Mettiamo caso che noi fossimo dei leader penalizzati da diversi precedenti penali, accuse di rapporti con la mafia, a capo di un paese in continua crisi economica e sociale. L’ultima cosa che vorremmo è che un gran numero di persone abbia la possibilità di riunirsi serenamente a discutere di questi scottanti argomenti. Cosa faremo allora per evitare ciò? Sicuramente ci impegneremmo ad offrire alla popolazione degli scandali di cui parlare, degli “specchietti per le allodole” di cui occuparsi, portandola a focalizzare l’attenzione su cose minori. Ovviamente faremmo in modo che questi scandali possano essere sempre frequenti e piano piano sempre più gravi e pungenti, in modo da suscitare sempre scalpore, ma allo stesso tempo far abituare l’opinione pubblica a queste “marachelle”. In un paese in cui la popolazione è abituata agli scontri delle arene televisive, in cui si reagisce con impeto ed emotività, l’effetto sarà molto prevedibile: si creeranno divisioni. Divisioni tra chi si scandalizza e chi invece lo trova divertente, tra chi fa il tifo per una parte e chi per l’altra, tra chi attacca e chi si sente attaccato. Ma soprattutto si sarà riusciti a gettare l’amo per concentrare l’attenzione di un paese intero verso degli atti plateali, ma privi di contenuto, mentre sullo sfondo si stanno decidendo indisturbati e in silenzio le sorti dell’intero paese.
Arrivati a capire questo, non dobbiamo però fare l’errore di puntare il dito contro un leader sbagliato ed illuderci di riuscire a cambiare le cose cambiando chi è al potere. Il nostro vero nemico quindi non è un politico disonesto, ma l’ignavia e l’inconsapevolezza di una popolazione, la nostra, tenuta all’oscuro di tutte le decisioni importanti, che poi finirà inevitabilmente per subire. Senza una presa di coscienza collettiva, i cattivi governanti si susseguiranno l’uno all’altro senza fine.
Solo con un’informazione libera e un impegno politico diretto riusciremo a migliorare questo sistema antico ed autolesionista.