venerdì 14 aprile 2017

È Molto Bello Farsi Pagare per gli Eventi di Spiritualità

DI MARCO CANESTRARI
 
 
L’altro giorno mi sono sentito dire: “La spiritualità, quella vera, è sinonimo di assoluto, di un donare che non sia fatto per ottenere un ritorno” e anche che “non bisogna vivere di spiritualità, ma esercitarla vivendo di un altro lavoro”.
 
Sfatiamo questi falsi miti, se mai ancora esistessero. Per prima cosa riportiamo la spiritualità nel mondo in cui realmente sta, in cui è definita e percepita, in cui è un azione materiale come un'altra. La vediamo esprimersi come un’attività riconoscibile nella materia fra corpi e oggetti che hanno delle relazioni fra di loro e soggetti al tempo che scorre, nella materia in cui ogni azione ha i suoi effetti, in cui ad esempio zappare la terra, arare e seminare produce la pianta da cui poi ricaviamo il frutto. La spiritualità è un azione come può essere studiare per diventare dottore, baciare un bambino o fare la guerra.
 
La spiritualità, appunto, anche quella buona, vera e benefica, non è l’assoluto. Nessuna “cosa” o “azione” riconoscibile, pensabile o immaginabile è l’assoluto. L’attività spirituale, come ogni altra attività, è sempre e comunque una rappresentazione della realtà, percepita e interpretata nella struttura temporale di causa/effetto. E' quella cosa che a malapena riusciamo a definire che apparentemente causa felicità, benessere, risonanza, amore, sia soggettivamente che collettivamente come miglioramento evolutivo, psicologico e materiale. E' il processo amorevole di base che si manifesta in un evoluzione nei corpi, negli individui e nella materia, dagli uomini primitivi, agli schiavi egizi alle rivoluzioni in nome della libertà, alla crisi mondiale e al risveglio planetario.
 
E’ sempre e comunque un processo, uno prima è depresso, poi meno, poi per niente, poi è libero, in pace e soggettivamente sta bene, poi sta sempre meglio fino a che riesce a fare stare bene tutto ciò che gli sta intorno. Il mondo vuole guarire, e questo viene mostrato nel tempo e nella materia.
 
Cerchiamo di non aver paura della parola “guarigione” o "terapia", chiamiamola terapia dell'amore. La terapia che guarisce dalla malattia presunta dell'illusione, della cecità, del non risveglio, e che infine mostra tutto per quello che è, un unica rappresentazione che evoca ed è evocata dall'assoluto, da ciò che c'è. Tutto ciò può essere trasceso, incluso il mondo materiale della causa effetto e del tempo, ma certamente non con la mente, non rifiutando l'idea di guarigione, e seguendo l'idea del "tutto è uno già guarito".
 
Questa spiritualità “buona” è come il lavoro di pittura di una staccionata o quello di riparare un automobile, o quello di uno psicoterapeuta che rimuove una paralisi isterica, e il corrispettivo economico dipende da vari fattori socialmente accettati tipo: dalla misura e qualità dei risultati ottenuti e dalla soddisfazione di chi ottiene il lavoro fatto, dal tempo che chi ha lavorato ha impiegato ecc... Riportiamola al piano in cui realmente sta, è un azione materiale nel tempo che può benissimo essere retribuita.
 
Adesso, quanto valore e importanza diamo al miglioramento soggettivo e collettivo del “vedere”? Dell’aprirsi delle coscienze? Del prendere atto di ciò che c’è e di ciò che siamo? Dello svegliarsi e conoscersi? E’ l’ignoranza che porta un singolo a fare azioni dannose per se stesso e per gli altri, è l’ignoranza che tiene un popolo soggiogato da un tiranno… Rispetto ad ogni altra attività, indirizzo, o pianificazione, quella di arrivare a “vedere” è sempre la prima, perché, senza vedere, ogni altra azione è vana e vive alla cieca. Prima vedere, poi agire. Prima la raccolta dati poi la pianificazione. Sia nel singolo sia nel collettivo, avere coscienza di ciò che c’è è sempre prioritario su ogni altra idea o azione.
 
E se noi, ipoteticamente avessimo, un albero, una persona, un fantasma, o Gesù, che, sempre come ipotesi, rappresentasse la spiritualità “giusta”, rischiarando tutto e tutti di luce, risvegliando il mondo con grande facilità, e donando amore, libertà e grazia a tutto ciò che lo circonda, non per ottenere un ritorno, ma per la natura profonda delle cose, che siamo lo stesso cuore, quale sarebbe il nostro rapporto con questo centro di luce? Quello di imprigionarlo? Quello di imbavagliarlo? Oppure, al contrario, gli daremmo consenso, appoggio, sostegno emotivo e materiale, nell'avere più energia possibile per espandersi, manifestarsi, viaggiare e parlare a più persone possibile? In questo periodo storico è il denaro ad avere questa funzione, di permettere ad una persona di prendere un aereo o di costruire una struttura mediatica, di entrare nelle decisioni politiche, dei finanziamenti sociali, nelle decisioni su come riorganizzare scuola, formazione, arte e società.
 
Vi dico una cosa: oggi, nel 2017, se ci fosse Gesù sarebbe retribuito economicamente, si sposterebbe e utilizzerebbe l’elettricità per parlare in un microfono che potrebbe funzionare solo pagando dei soldi. E vi dirò di più, l’evoluzione dell’intelligenza collettiva porterà a spostare tutta l’economia e i soldi verso attività che siano benefiche a livello sociale, prima di tutto per quanto riguarda l’evoluzione delle coscienze. L’attività di donare luce, non per un ritorno, va incoraggiata e dovrebbe avere tutte le nostre energie in appoggio. Questo significa che non devono essere i politici arrivisti e sofferenti a gestire tutto il denaro del mondo, ma al contrario a questi fiori che sbocciano e che fanno luce. Naturalmente, finché il denaro esiste, perché da lì a breve, il denaro non sarà più necessario.
 
Cancelliamo la strana idea che avere troppi soldi sia brutto. Avere dei soldi è brutto solo se si crede che chi li gestisce è brutto dentro e possa spenderli per attività distruttive, malvage, lesioniste e autolesioniste. Cancelliamo il nostro senso di piccolezza, di indegnità, i nostri sensi di colpa e i sospetti che poi proiettiamo sul prossimo. Mai troppo denaro ed energie sono indirizzate per la scoperta di ciò che siamo, e la felicità è sempre un dono per tutti.
 
Vivere aiutando il prossimo è possibile e auspicabile. E i primi che ci riescono dovrebbero fare scuola e mostrare che è possibile e insegnare a tutti a creare nuovi posti di lavoro che siano costruttivi ed etici. Poi dipende a che livello uno aiuta, se uno aiuta salutando con un gesto gentile la vicina di casa aiutando a buttare l'immondizia una volta al mese, fra lavoro, famiglia, mutui, e altri impegni... allora può benissimo continuare a fare il lavoro che fa. Se invece dedichi h24 tutta la tua anima, andando a letto la sera e svegliandoti la mattina con grandi risultati e se c'è una grandissima richiesta da parte del mondo per ciò che porti allora è molto saggio fare della tua risposta positiva al mondo, un lavoro, e insegnare a tutti a come farlo. Io mi sto licenziando dal posto fisso statale per crearmi un lavoro in questo (che faccio cmq gratuitamente da più di 16 anni), ma la richiesta ha superato ogni possibilità di soddisfarla lavorando, e quindi naturalmente la cosa si struttura come è sano che sia. Se porti soluzioni in un mondo di problemi, i problemi ti cercheranno per farsi risolvere finché non ne rimarrà più nessuno. Quando nessuno vivrà situazioni interiori insoddisfatte e scomode, ovvero il risveglio totale, allora non sarà più richiesto, pregato e voluto, nessun miglioramento, perché tutto sarà perfetto. Spiritualità e guarigione verranno dimenticate, come è giusto che sia, ma non adesso mentre soggettivamente si percepisce conflitto e confusione.
 
L'idea di dover fare la "spiritualità" nel tempo che rimane dal proprio lavoro, perché "é sbagliato vivere di spiritualità", è sintomo di una forte dissociazione mentale. Se é sbagliato vivere di qualcosa allora é sbagliato anche quel qualcosa. Secondo questa tesi si farebbe la spiritualità che porta benessere nelle poche ore che rimangono della settimana mentre la maggior parte vengono trascorse a fare magari un lavoro che non ci piace, magari non etico, magari che porta guadagno a fabbriche di armi o banche.
 
Fare del proprio dono un arte che cresce dando energia a tutti è una grazia, non un pericolo. Facciamo della nostra vita il nostro lavoro e il nostro capolavoro insieme. E se qualcuno ci riesce, incoraggiamolo, copiamolo o prendiamo spunto.
 
Grazie a tutti,
Marco Canestrari.