DI JO
Di ritorno da una breve esperienza in Sardegna, mentre ancora sogno i paesaggi e il ritmo vacanziero, non riesco a non riflettere su alcune considerazioni. Sardegna, terra da scoprire! Se solo fosse possibile...
Non è una novità che stiamo parlando di una delle più belle, affascinanti e complete regioni d'Italia, oltre che di una delle più particolari: che si tratti di paesaggi, di specie faunistiche o della flora, oltre che in ambito sociologico e antropologico si trovano differenze, anomalie e unicità dell'isola in relazione al resto d'Italia. Negli anni '60 uno sceicco arabo di passaggio con il suo yacht nelle vicinanze del litorale nord orientale della Sardegna si accorse della incredibile bellezza di quelle zone e diede loro il nome Costa Smeralda per esaltare il particolare colore dell'acqua. Decise così di rendere possibile il sogno di vivere in quelle zone che all'epoca erano ancora disabitate e incontaminate dando vita al Consorzio Costa Smeralda e costruendo bellissimi villini e villaggi attrezzati che fossero ben inglobati dal contesto naturalistico circostante. Nei successivi 50 anni questo processo è andata avanti, molto avanti... Oggi l'inghippo è palese: di fatto la Costa Smeralda, ed anche altre zone della Sardegna come la Costa Paradiso, sono interamente coperte da aree residenziali lussuosissime e carissime che, in nome dell'esclusività, sono state vendute a facoltosi villeggianti di tutto il mondo. Il risultato è che è diventato impossibile per i turisti "comuni" e per i sardi stessi accedere in quelle zone sia perché economicamente non sono alla portata delle tasche di tutti, sia perché di fatto non esiste più spazio pubblico: nulla è a disposizione se non previo pagamento! Quello che si nota è un paradosso emblematico: esistono due realtà che cozzano profondamente tra loro... In una regione nei cui paesini dell'entroterra si trovano ancora le case con le porte aperte e le chiavi attaccate alla serratura sul lato della strada, nelle zone dei V.I.P. si vedono solo alte mura, cancellate, telecamere puntate ovunque, una sensibile presenza delle forze dell'ordine che vigilano sui possedimenti dei benestanti privati ed una lunga lista di auto ed imbarcazioni che raggiungono cifre difficili anche da scrivere visto il numero di zeri da cui sono composte. Il turista che si muove lungo la Costa Smeralda non riesce a vedere il mare se non quando sale sulle montagne limitrofe. Ci si ritrova tra sbarre che impediscono l'accesso a determinate zone e mura alte che cingono le case-fortezza. Ci si sente ospiti non graditi, quasi di disturbo...
Non è possibile scoprire la Sardegna, almeno non tutta, perché non è possibile l'accesso. Ma, una cosa grave da capire adesso è che il processo di privatizzazione di quella regione continua imperterrito e insaziabile. Non si limita alle zone da me citate, ma si estende a macchia di leopardo per tutta l'isola nella costante lotta per accaparrarsi il miglior panorama, la più bella spiaggia e fino alla più particolare roccia scolpita dal vento. Sono molte le componenti che io non riesco a comprendere di questa follia del desiderio del possesso, ma in particolare rimango sgomento nel rendermi conto che quando una bellezza naturale è libera allora essa è di tutti e tutti possono goderne, ma nel momento in cui viene privatizzata e contornata da recinzioni si effettua un profondo attacco nei confronti dell'umanità stessa e si creano profonde disuguaglianza che ledono la dignità umana. Mi spiego: una persona facoltosa avrà sicuramente un'auto più grande, una casa più lussuosa e dei vestiti di miglior fattura rispetto ad un'altra persona meno abbiente, e fin qui nessun problema, ma la differenza di classe diviene spropositata quando a causa della disparità di risorse la possibilità di godere della bellezze naturali o di fare il bagno in una determinata spiaggia diviene esclusiva di una sola classe sociale. Gli altri non sono forse ugualmente degni di vedere e comprendere lo sforzo della natura? oppure potrebbero rendersi conto di quanto l'uomo si sforzi per distruggerla? Ma queste considerazioni non vengono mosse così facilmente. Tutto è progettato in modo che, trovandosi di fronte a quanto vi sto raccontando, le emozioni che vengono suscitate sono quelle dell'invidia... della gelosia. Ci si trova a sospirare dicendo: beati loro!... quando invece dovremmo essere profondamente scossi e interdetti... In nome dell'esclusività e del turismo esigente, come viene chiamato, tutto in quelle aree pregiate ha un costo di gran lunga più elevato rispetto alle altre zone. Questo sia per ribadire il concetto che non si tratta di cose adatte a tutti e sia per dar forza al comune pensare che costoso sia sinonimo di qualità. Per questi motivi, forse, di tanto in tanto viene permesso che qualche zona sia comunque di pubblico accesso... ma solo dopo previo e cospicuo pagamento. Bisogna pagare il parcheggio, poi l'ingresso, poi l'accesso, poi l'usufrutto e via dicendo... ma tutti questi costi cornice non sono forse per l'esigenza dei sardi che cercano di guadagnare qualcosa dall'invasione degli euro portatori? Questa opzione sarebbe almeno comprensibile, ma non ha supporto: spesso le società che gestiscono questi flussi di denaro sono private, e non sarde, oppure comunali. Per farla breve di autoctono c'è solo la manovalanza. Eppure, stando alle norme di diritto tutto, ciò che è compreso nei confini territoriali è di proprietà statale e, sempre stando al diritto, lo Stato è un emanazione del popolo che ne è sovrano. Un semplice sillogismo socratiano porta dunque all'affermazione che tutto ciò che è compreso nei confini territoriali è del popolo... Ma così non è. Lo stato può vendere a privati senza nemmeno chiedere consenso ai legittimi proprietari. La nostra terra viene lottizzata, divisa, impacchettata e venduta. Noi veniamo a conoscenza di questo scempio solo a cose fatte e, ma non è questo il punto centrale, nemmeno veniamo risarciti. E' chiaro che dal momento che prendiamo coscienza del fatto che una parte dei territori venduti sono nostri ci aspetteremmo anche una parte degli introiti, ma non esiste cifra che possa ripagare il danno. Non esiste una distesa di euro che abbia il valore di una cala in Sardegna! Nei soldi non si fa il bagno; davanti ai soldi non si rimane in contemplazione come succede davanti alle sculture naturali: gonfi di emozioni, con le palpitazioni, mentre si ansima e ci si sente in simbiosi con il nostro pianeta.
Rimango perplesso. Possiamo fare ancora qualcosa per bloccare tutto ciò, per rallentarlo almeno. Dobbiamo alzare la voce e dire che non ci piace, che non va bene, non siamo d'accordo. Porre la questione a tutti e rendere il problema caro ad ognuno di noi. Decidere con più cura per chi votare e costringere i nostri amministratori a trattare diversamente questi argomenti. Ci stanno rubando una cosa che ci appartiene, la natura ha fatto a noi dono di alcune bellezze che ci vengono sottratte indebitamente. I sardi non possono non vedere e far finta di nulla, noi tutti dobbiamo essere stizziti da quanto accade