DI ANNA MULATTIERI
Siamo soli tutti, benché ci si circondi di tante persone, tante cose. Nel momento più intimo siamo soli: possiamo pensare di far partecipare altri alla nostra vita, ma nell'atto stesso di questo pensiero si è soli.
Abituati a considerare la solitudine come una condizione spiacevole, a volte spaventevole, spesso diventa per noi un nemico da fuggire a qualsiasi costo. Preferiamo perderci dietro distrazioni di ogni sorta, vivere con frenesia, tenendoci occupati con impegni continui piuttosto che fermarci ed osservarci. La solitudine è la condizione di ogni individuo, nonostante tutti la temono, la rifuggono come cosa di cui aver paura. Questa valenza negativa che le associamo deriva anche da un impulso ancestrale, da sempre l'uomo come tutte le specie animali si riunito in gruppi e tribù, per trovare nella propria comunità protezione e garanzia di continuità. Vi sono ancora solitudini imposte dalla società. Si tende ad isolare chi non appartiene ad un gruppo prestabilito (tifo, politica, religione) emulando un senso di appartenenza in cui ci si unisce e ci si sente più sicuri, senza correre il rischio di rimanere fuori. I mezzi di comunicazione, i mass-media, gli slogan pubblicitari ci invitano a distinguerci esprimendo modi di vita che da una parte accentuano l’individualismo, ma in realtà raggiungibili solo con comportamenti ed oggetti uguali per tutti. Questi messaggi, per loro natura contraddittori, alimentano in noi la fuga e la ricerca di un rifugio che limita la crescita e lo sviluppo dell’autonomia individuale. Ci si adegua al pensiero di gruppo a discapito del pensiero del singolo, che via via si trova isolato e non più stimolato, non trovando sostegno ne approvazione. Smarriti, non resta che adeguarsi a quello che la società e il mercato dettano costantemente, protesi nel ricercare all’esterno i significati delle cose, non ci rendiamo conto di allontanarci sempre più dalla fonte originaria interiore.
Perché aver paura di quella che è una condizione naturale? Questa continua ricerca della sicurezza, che ci si aspetta arrivi dagli altri, quanto può realmente rendere sicura la nostra vita? L'uomo si sa, è un animale sociale, vive bene in compagnia. Ma realmente si può star bene con gli altri, se si hanno difficoltà a restar soli con se stessi? Proviamo a rivalutare il fatto di poter avere uno spazio tutto nostro, dove abbandonare le ansie "da prestazione" ed imparare a conoscersi. La solitudine, il saper star soli, può rappresentare una preziosa risorsa. Permette agli uomini di entrare in contatto con i propri sentimenti più intimi, di riorganizzare le idee, di mutare atteggiamento. Può dunque diventare la strada della ricerca interiore, riscoprendola come un'opportunità per maturare, con i suoi spazi e la sua creatività.