lunedì 28 febbraio 2011

Il Momento Giusto per Cambiare

DI ENRICO GALAVOTTI

cambiamento

Nei vangeli esistono parabole molto suggestive per indicare i comportamenti da tenere nei casi di transizione politica. P.es. quella delle dieci vergini, cinque delle quali si preoccupano di tenere accesa la lampada della speranza, nell'attesa dello sposo. Ma esistono anche affermazioni di tipo profetico che i sinottici han voluto attribuire al Cristo, per quanto il loro contenuto non sia in sé anti-rivoluzionario: "Vegliate perché non sapete in quale giorno il messia verrà"(Mt 24,42) e simili. In tutte le piccole apocalissi evangeliche la necessità di compiere una insurrezione anti-romana viene sostituita col dovere di attendere fiduciosi il giorno del giudizio universale.

Forse l'argomentazione più significativa, in tal senso, è offerta dal vangelo di Giovanni, allorché il Cristo, rivolto ai suoi parenti, che gli chiedevano di esporsi in Giudea, risponde: "Per voi che vivete secondo il principio del tanto peggio tanto meglio, ogni occasione è buona"(Gv 7,6). Per un essere umano è molto difficile stabilire il momento in cui è possibile che avvenga un cambiamento significativo delle cose, che non vuol dire ovviamente "saper sfruttare l'occasione della propria vita", ma saper vedere questa occasione come un'opportunità generale, che non riguarda solo una vita individuale, anche perché nelle società basate sui conflitti di classe, sugli antagonismi sociali, spesso le occasioni individuali vengono usate a titolo di rivalsa personale, senza tener conto degli interessi altrui. Noi misuriamo lo scorrere del tempo sulla base della nostra esperienza, ma per poter avere una percezione obiettiva del tempo, bisognerebbe che l'esperienza fosse la più possibile condivisa. Un'esperienza individuale o familiare o di piccolo gruppo non è di molta utilità per avere il polso della situazione. Il tempo ha delle pretese che solo un popolo può soddisfare, anche perché i tempi sono sempre incredibilmente lunghi, in grado di andare ben oltre l'esistenza di individui singoli.

Le masse si muovono solo quando convinte che un certo modo di vivere la vita ha concluso il suo tempo. Occorre una percezione collettiva del problema, un sentire comune. Le masse si muovono quando smettono d'illudersi che un determinato tipo di esistenza possa continuare a essere sopportato. Ma perché sorga questa convinzione occorrono situazioni disperate, di gravissima crisi. Non bastano le contraddizioni, i conflitti, gli antagonismi: ci vuole la disillusione, cioè la convinzione che se non si fa qualcosa di completamente diverso, si perde solo tempo, si rende il problema ancora più irrisolvibile. Quelli sono i momenti in cui le masse, per prendere decisioni epocali, hanno bisogno di essere guidate da leader intelligenti e coraggiosi, dotati di senso tattico e strategico, capaci di organizzazione politica e persino militare (poiché bisogna sempre tenersi pronti a difendere le conquiste rivoluzionarie), insomma leader all'altezza della situazione, consapevoli del momento cruciale. E' così che nascono le svolte epocali. Per questo la storia potrebbe essere studiata solo a partire dalle rivoluzioni, che sono un concentrato di tutti i problemi di un'epoca e dei tentativi messi in atto per risolverli. Tra una rivoluzione e l'altra il compito è soltanto quello di porre le condizioni perché la transizione avvenga nel miglior modo possibile, cioè rispettando le esigenze più vere, quelle più generali, possibilmente senza spargimento di sangue. La lotta diventa tra speranza e disperazione, in attesa che giunga il momento decisivo: la speranza di chi vuole uscire dalla disperazione, la disperazione di chi non vuole uscire dai propri privilegi.

Siamo noi che diamo alle cose il loro senso e il loro tempo, e quando il tempo non dà più senso alle nostre cose, è ora di cambiarlo

L'articolo ti è piaciuto? dagli visibilità Cliccando su OK!!